Le metafore e le immagini sono strumenti narrativi e terapeutici potenti. Ci appartengono, anche quando le prendiamo in prestito dalla creatività e dall’immaginazione di altri. E ne facciamo occasione di scrittura, di racconto per uno sguardo nuovo sulla nostra storia.
Ti trovi in un fossato o in un vicolo cieco? E’ questa la riflessione che Seth Godin propone nel suo librino Il vicolo cieco, MGMT Edizioni.
Pensaci. Va bene in entrambi i casi. C’è comunque una soluzione. Però devi capire dove ti trovi per poterti muovere da lì.
La metafora è pensata soprattutto per l’ambito lavorativo e professionale. Ne colgo l’aspetto innovativo rispetto all’immagine non proprio positiva che solitamente si ha sia del fossato che del vicolo cieco.
LA LOGICA DEL FOSSATO
Seth Godin presenta “la logica del fossato”, secondo cui questa regolamenta le cose importanti della nostra vita.
“L’essenziale è sapere che il fossato è una realtà.”
Come dire, non possiamo immaginare praticamente nessuna circostanza che ad un certo punto non ci porti lì.
Finora il fossato non aveva mai fatto parte dell’archivio di immagini di cui è fatta la mia storia. Magari anche della tua.
Certo, come tutti ho vissuto e vivo momenti di impasse, di blocco, di dubbio, di complicazione, di attraversamento, di passaggio, ma dalla mia immaginazione erano uscite altre figure.
Ho cominciato a riflettere sui “momenti, periodi, eventi fossato”. Ho guardato al passato e ho guardato al presente, reinterpretando e ri-raccontando la mia storia e facendomi molte domande.
Se non avevo usato l’immagine del fossato, quali altre immagini costellavano il vissuto delle mie difficoltà?
Potevo utilizzare questa nuova metafora per rivedere esperienze passate e rivalutarle sotto una nuova luce?
Il simbolo del fossato mi era utile per raccontare la stessa storia in modo diverso?
Poteva essere la traccia per raccontare un’altra storia?
FOSSATO AMICO
“Il fossato è un ambiente flessibile, che muta in funzione dell’impegno con cui lo affrontiamo.”
Sì ecco, l’impegno. Nessuno potrà uscire per noi dal fossato. Potremo essere aiutati in questo, ma il tempo, l’energia, l’impegno, la responsabilità, la soluzione saranno nostri.
Il fossato a volte potrebbe essere proprio quello che ci salva, perché ci consente di scoprire le nostre risorse e attivarle per uscirne.
“Il fossato è il vostro miglior amico.”
Come a dire che una situazione inevitabile di difficoltà può diventare un’occasione per qualcos’altro.
Posso rintracciare nella mia vita un “fossato amico”? E se sì, che valore aggiunto ha portato la sua amicizia?
La logica del fossato consente di formulare molte domande, e già così, quale amico migliore se non quello che ti fa tante domande e non pretende di darti risposte!
Di tante domande è fatta la narrazione di Godin e anche di qualche suggerimento.
Il fossato, secondo un punto di vista lavorativo, può essere considerato come il passaggio dalla condizione del principiante a quella dell’esperto.
Vale la pena lavorare, impegnarsi, perseverare per provare a risalire dall’altra parte, sull’altra sponda?
Quando ci troveremo lì in fondo, troveremo l’energia per riemergere? Crederemo nel nostro progetto al punto tale di non abbandonare l’impresa?
L’ideale sarebbe farsi questa domanda prima di ritrovarsi nel fossato, che tanto abbiamo capito che qualunque nuova iniziativa prenderemo, sarà un passaggio pressoché obbligatorio e non perché non si possa cambiare idea ad un certo punto, ma per arrivare preparati il più possibile di fronte ad una fase fisiologica diogni processo in cui ci siamo prefissati un obiettivo o abbiamo compiuto una scelta importante.
Se la domanda non ce la siamo fatta all’inizio, quando ci troveremo nel fossato dovremo essere pronti a pensarci. Scrive Godin,
“L’esperienza del fossato non è gradevole e neppure la consapevolezza la renderà tale, ma aiuterà ad attraversarla.”
Spesso il problema nasce quando le domande non ce le siamo fatte prima e non ce le facciamo durante. Il futuro così non sarà più semplice, ma sembrerà molto più difficoltoso e fonte di preoccupazione. Ci sembrerà di non avere vie di uscita, di essere incastrati senza soluzioni di nessun tipo.
IL VICOLO CIECO
Se ti trovassi nella situazione di non sapere come uscire dal fossato o di non avere più interesse, energia, motivazione a continuare, potresti cambiare immagine e sentirti in un vicolo cieco.
La condizione è quella del non accade nulla, qualsiasi cosa tu faccia, ti trovi nel classico cul-de-sac. Qui non hai altra soluzione che prenderne atto.
Domanda: di fronte alle difficoltà, dobbiamo perseverare o mollare? Risposta: nessuno può decidere per noi e dipende.
“La decisione di mollare o meno dipende da una valutazione molto semplice: la fatica di superare il fossato vale il beneficio di cui si gode sull’altra sponda?”
È importante capire se e quando è il momento di dire basta e farlo al momento giusto.
Tirarsi indietro si può, si deve. Se è il caso mollate, suggerisce l’autore. Liberate energia per ciò che conta. Non continuate a sperperarvi. Mollare non significa fallire.
“L’abbandono strategico è una decisione che si assume consapevolmente sulla base delle opzioni disponibili.“
Ti sei mai ritrovato in un vicolo cieco? C’era qualcuno con te? Come ti sei sentito? Cos’hai pensato? Cosa hai fatto? Cosa hai imparato?
Fossato o vicolo cieco, sono immagini che connettono il nostro passato, con il presente, con il futuro sulla nostra storyline. Sono figure estremamente prolifiche di domande stimolanti.
Domande, domande, domande. Che consentono di pensare, di riflettere, di trovare la risposta nella nostra storia.
Se desideri rivedere la tua storia o la tua situazione attuale alla luce delle immagini del fossato e del vicolo cieco, magari per scoprire le tue personalissime metafore anche in un’ottica terapeutica, scrivimi.
A presto
Rosalba
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